sabato 20 aprile 2013

La felicità è desiderare quello che si ha già

Quando è che siamo felici? nella società moderna e in particolar modo in quella occidentale siamo stati abituati ad associare il concetto di felicità a quello di possesso, più oggetti ho e più sono felice, più potere ho e più sono felice, ma in realtà è solo una felicità illusoria perché appena otteniamo l’oggetto dei nostri desideri sperimentiamo la felicità per un solo attimo perché un secondo dopo stiamo già desiderando qualcos’altro, è come se al traguardo dei centro metri ci fosse un carrello che sposta il traguardo sempre più avanti man mano che il corridore si avvicina, e dato che il carrello va più veloce del corridore questi non riuscirà mai a raggiungerlo.

Sant’Agostino diceva che la felicità è desiderare quello che si ha già, che in altri termini significa vivere nel presente e non in un futuro costruito dalla mente, perché il problema è quello, siamo talmente occupati a immaginare il futuro e non ci rendiamo conto che, se non stiamo nel presente quel futuro non  lo costruiremo mai.

Proviamo per un attimo a paragonarci all’uomo più potente del mondo (secondo gli standard classici), il presidente degli stati uniti, ci sentiremmo sicuramente più poveri di lui e più “sfortunati” lui ha tutto e noi non abbiamo nulla, quindi diamo per scontato che lui sia felice e noi no.

Ora spostiamo la cosa di qualche migliaio di anni, proviamo a paragonarci al faraone del 500 a.c., lui in confronto a noi è un pezzente, noi abbiamo dei confort che lui non poteva nemmeno concepire con la mente, eppure lui era probabilmente più felice di noi, perché? Per il semplice fatto che nella sua epoca nessuno poteva avere più cose di lui, una felicità costruita in questo modo è di fatto costruita sull’infelicità degli altri, e una società che si regge su questi presupposti è una società che a parole vuole aiutare i meno “fortunati” … ma nei fatti a nessuno interessa aiutarli veramente, perché vedere che c’è qualcuno un gradino sotto di noi ci fa sentire contenti e ci da la spinta per cercare di salire ancora al gradino successivo, senza però accorgerci che è una scala infinita e quindi rischiamo di passare la vita a voler arrivare a una cima che non esiste.

L’unico modo per uscirne è cominciare a godersi la vita per quello che è, come dicevano tanti grandi “vivere nel qui e ora” inteso come spegnere quella chiacchiera mentale che ci opprime e cerca di proiettarci nel futuro (desideri) o nel passato (rancori, rimpianti ecc..) e concentrare il nostro essere nel tempo e nello spazio in cui siamo, che è l’unico reale.


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